Amelia Chambers è entrata a far parte di WiseTech più di 17 anni fa e si occupa di eLearning, ovvero di insegnare agli utenti come utilizzare il nostro software, CargoWise. Dopo un breve periodo nel settore delle spedizioni, Amelia ha ritrovato la sua vera strada in WiseTech.
Inoltre, è appassionata di salute mentale e primo soccorso e ritiene giusto parlare di questi argomenti per combattere lo stigma attuale. In occasione della giornata “R U OK?” di giovedì 8 settembre, abbiamo chiacchierato con Amelia per saperne di più del suo interesse verso la salute mentale, delle strategie che si possono adottare per garantire un buono stato di salute e perché ritiene che sia opportuno parlarne per abbattere certi pregiudizi.
Ti va di raccontarci un po’ del tuo percorso lavorativo in WiseTech?
Vivo a Auckland, in Nuova Zelanda e lavoro in WiseTech complessivamente da circa 15 anni. Nel mezzo, mi ero presa una pausa di due anni per lavorare nel settore delle spedizioni e della dogana però mi ero resa conto che non mi piaceva e sono tornata a occuparmi di ciò che mi interessa realmente, ovvero la formazione e lo sviluppo.
Adoro lavorare con le persone e insegnare cose nuove, ed è ciò di cui mi sono occupata per quasi tutto il tempo in WiseTech, insegnando il funzionamento del software. All’inizio, il mio compito era quello di formare il personale direttamente nell’azienda del cliente e poi sono passata al team eLearning.
Quando me ne sono andata, il mio manager di allora mi ha detto che la porta per me rimaneva aperta e alla fine l’ho preso in parola e sono tornata. Non penso che le persone rimangano nella stessa azienda così a lungo o addirittura ci tornino se non ha molto da offrire. WiseTech è come una famiglia, è un ambiente fantastico, fatto di persone interessanti e che offre ottime opportunità. Per questo non ci ho pensato due volte a tornare e penso che non me ne andrò più.
Ti appassiona l’idea di sensibilizzare le persone in merito alla salute mentale, perché è così importante per te?
Molti lo considerano un argomento tabù che non si dovrebbe affrontare. Nella mia famiglia ci sono sempre state persone che soffrivano di questo tipo di problemi, per questo so che non tutti li affrontano allo stesso modo. Ho imparato che è necessario parlarne, anche se non è facile.
Dopo aver affrontato queste problematiche con la mia famiglia ed essermi ritrovata dall'altra parte, mi sono resa conto che c'era molto di più da sapere. Così ho deciso di frequentare un corso di primo soccorso sulla salute mentale, uno dei migliori corsi che si possano fare.
Aiuta a identificare alcuni campanelli d’allarme e a capire come poter intraprendere una conversazione e affrontare certe tematiche delicate con le persone. Come altri partecipanti del corso, ho sofferto di problemi di salute mentale in prima persona ed è questo il motivo per cui mi sono iscritta. È stato il mio primo contatto con questo mondo e, da allora, utilizzo tutti i giorni le tecniche che ho imparato.
Ci puoi descrivere meglio il tuo percorso in questo campo?
Sono una persona molto attiva e mi piace fare un sacco di cose nella mia vita: lavoro, volontariato, arbitraggio sportivo e faccende domestiche. Ho due figli, di 18 e 26 anni, e mi occupo anche dei miei genitori anziani. In passato, accumulare tutti questi impegni non mi pesava.
Due anni fa, però, ho avuto un incidente mentre arbitravo e ho subito una commozione cerebrale piuttosto grave. Per parecchio tempo non ho potuto lavorare, parlare e nemmeno guidare. Dall’essere una persona iperattiva, mi sono ritrovata a non poter fare nulla per più di due minuti consecutivi. È stato in quel momento che sono crollata, improvvisamente non ero più in grado di gestire tutte quelle responsabilità.
Piangevo tutto il giorno, tutti i giorni. Facevo fatica ad alzarmi dal letto e non potevo andare da nessuna parte perché mi mancavano le forze. Non potevo guidare e nemmeno fare sport. Ho iniziato a chiedermi che senso avesse vivere così.
Mi sono svegliata un giorno e ho capito che stavolta ero io quella che stava soffrendo a livello mentale. A posteriori ho realizzato che non stavo reagendo bene e che avevo bisogno di rivolgermi a uno specialista. Ho prenotato un appuntamento dal medico che mi ha diagnosticato la depressione clinica.
Quali sono stati i modi in cui sei riuscita a rimettere in sesto la tua salute mentale?
Ho iniziato ad andare a sedute regolari da uno psicologo, il che è stato molto utile. All'inizio erano settimanali, poi ogni quindici giorni, e ora vado solo quando ne sento il bisogno. Una delle cose migliori che ho scoperto è che è più facile parlare dei propri problemi con qualcuno che non ti conosce e che non può raccontarlo a nessuno.
Prendo anche farmaci per curare la depressione e non mi vergogno affatto ad ammetterlo perché quando dimentico di prendere una pastiglia, noto la differenza. Se ti rompi un osso, metti il gesso; se hai mal di testa, prendi il paracetamolo, nel caso della depressione è la stessa cosa.
Saper dire di no mi ha aiutato notevolmente. Per una persona come me abituata a dire sempre di “sì”, è molto difficile, ma ho imparato a lasciar correre e a chiedere aiuto quando ne ho bisogno. Quando sali su un aereo, ti dicono di indossare la maschera d'ossigeno prima di aiutare gli altri, e lo stesso vale per la nostra salute mentale. Non puoi aiutare qualcun altro se sei in difficoltà tu stesso.
L’attività fisica è fondamentale per me, difficilmente passo più di due giorni senza fare movimento. Il giardino botanico di Auckland si trova in fondo alla mia via e quindi posso andare a fare una passeggiata o una corsa quando ne sento il bisogno. Mi ritengo molto fortunata per questo. Magari si tratta solo di 20 minuti ma a livello mentale noto la differenza. Tutti i giorni uso l’app Calm per fare meditazione e anche questo mi aiuta moltissimo.
Come hai gestito la tua salute mentale in WiseTech?
Io e la mia manager lavoravamo insieme da molti anni e quindi, appena ho iniziato a soffrire di depressione, l’ho chiamata e le ho raccontato cosa mi stava accadendo. È stata molto comprensiva e mi ha detto che potevo prendermi del tempo e cambiare i miei orari se ne avessi avuto bisogno.
Di recente, il mio team è passato a WiseTech Academy e inizialmente non ho accennato nulla al mio nuovo responsabile. Però quando ho cambiato farmaci, ho pensato che fosse opportuno parlarne perché sapevo che forse ci sarebbe voluto del tempo per riassestarmi.
Alcuni dei miei colleghi più stretti sono al corrente delle difficoltà che ho attraversato, la maggior parte invece non ne ha idea. Non mi dà fastidio che la gente sappia del mio trascorso perché penso che sia proprio in questo modo che si possa normalizzare l’argomento. Se il mio espormi aiuta altre persone, ne sono felice.
Perché è importante per te condividere la tua esperienza?
In Australia, una persona su cinque soffre di disturbi mentali di vario tipo: ansia, depressione, stress post-traumatico o altro. In Nuova Zelanda, si tratta di una persona su sei.
Questo significa che in ogni famiglia c’è una persona che ne soffre. Se pensiamo all’ufficio di WiseTech a Sydney, ci sono più di 500 persone e questo vuol dire che molte di loro potrebbero avere problemi legati alla salute mentale.
I miei figli sono stati la mia fortuna, mi hanno dato la forza per andare avanti e per trovare il coraggio di rivolgermi a uno specialista. Questo mi ha portato a condividere il mio percorso con gli altri, perché in fondo non c’è nulla di male.
Inoltre, mio figlio più piccolo è transgender e al momento sta attraversando la transizione femminile, questa è un'altra delle cose che ho dovuto affrontare. Anche se a volte confondo i pronomi e lei mi corregge, sa che sto facendo del mio meglio e che ci vuole del tempo per imparare. Il mio compito è assicurarmi che sia serena e stia bene ma questo cambiamento non è facile ed è una delle mie preoccupazioni maggiori. Ma ora è felice e questa è la cosa più importante per me.
Cosa si può fare per aumentare la consapevolezza della salute mentale e contribuire a eliminare lo stigma?
Imparare a riconoscere i segnali e a fare le domande giuste. Nei momenti più difficili, i miei figli erano al corrente che qualcosa non andava. Entrambi mi chiedevano come stavo e, da genitore, spesso dicevo che andava tutto bene ma avevano capito che non era vero.
Una delle cose che ho imparato durante la mia formazione è stata quella di porre la domanda in modo diverso, quindi invece di chiedere se qualcuno sta bene, si potrebbe chiedere se c'è qualcosa che possiamo fare per essere d’aiuto o per farli sentire meglio in quel determinato momento.
È necessario parlare con gli altri e porre quelle che potrebbero essere le domande più difficili, e di farlo senza giudicare. L’associazione “R U OK?” è un’organizzazione fantastica, ricca di risorse che aiutano a decifrare i campanelli d’allarme e a spiegare come avvicinarsi a qualcuno in difficoltà.
Penso davvero che dovremmo chiederci l'un l'altro ogni giorno se stiamo bene, non solo una volta all'anno. Questa è probabilmente la cosa più importante che mi sento di dire, ovvero che dobbiamo parlarne con più regolarità per eliminare lo stigma che c'è intorno a questo problema, perché non è vero che ti rende più debole.
Anche se soffro di depressione, non significa che sono una persona debole. Sono sempre io e punto sempre a fare il meglio. Ma dobbiamo anche riconoscere che va bene se non si rispettano alcune di queste aspettative, dobbiamo normalizzare l’argomento e abbattere alcuni di questi stigmi.
Questo articolo parla di salute mentale, parlarne con uno specialista o contattare uno dei servizi di supporto psicologico telefonico può essere d’aiuto. Per i residenti in Australia, è possibile rivolgersi al personale di supporto tramite i contatti che si trovano sul sito internet R U OK? . Per preoccupazioni in merito alla propria salute mentale o a quella altrui, è opportuno chiamare immediatamente il numero d’emergenza (000).